Ultimo capitolo dei nostri amici…Torneranno in Italia sani e salvi?
-Per cena che facciamo?
Faccio presente che l’indomani ce ne andiamo e non abbiamo ancora assaggiato le prelibatezze locali.
Sono sempre stato uno molto influente sulle decisioni del gruppo.
Propongo un ristorantino locale.
Sono sempre stato uno molto influente sulle decisioni del gruppo, infatti … un’ora dopo siamo seduti all’Hard Rock Cafe, a mangiare e bere prodotti tipici locali, quali Coca Cola, patatine fritte e hamburger.
Andrea mi rincuora: “mangeremo portoghese una volta tornati a Livorno”. Dice che un suo amico ha una zia portoghese. Poi ci pensa un po’ e aggiunge “o portoricana”. “Possiamo andare a mangiare da lei. Fa un piatto tipico portoghese a base di pesce”, dice. Posso anticiparvi che, una volta tornati da Lisbona, siamo effettivamente andati a mangiare dalla zia dell’amico di Andrea. Non era portoghese. Nemmeno portoricana. Era di Portoferraio. Ci ha fatto il cacciucco. Niente male, comunque. In fondo … chi se ne frega della cucina portoghese?
Usciti dall’Hard Rock Cafe inizia la nostra seconda ed ultima serata a Lisbona. Decidiamo di passarla nei Bairro Alto. Il quartiere della bella vita. il quartiere dei giovani. Il quartiere degli artisti. Pieno di piccoli locali.
Stasera ci divertiamo!
Questa era l’idea.
Solo che siamo incappati in due imprevisti.
Imprevisto numero 1: il Bairro Alto non è Ibiza.
Imprevisto numero 2: l’intercalare di Samuele.
Sì. L’intercalare di Samuele. Samuele non ha un intercalare tipo “ehm”, un’intercalare tipo “cioè”, un intercalare da cristiano. No. Il suo intercalare è “putacaso”.
Fatto sta che il buon Samuele se ne esce con un teatrale “putacaso …” nel momento in cui stanno passando una strafiga seminuda e il rispettivo compagno supermassiccio maxipalestrato ipertatuato. E lo fa con gli occhi invaghiti. Persi nella di lei scollatura.
Fatto sta che il compagno supermassiccio maxipalestrato ipertatuato capisce fischi per fiaschi e intercalari per offese e ci ritroviamo mezzora dopo con Samuele in ospedale.
Dopo aver rischiato di prenderne per due giorni consecutivi, alla fine ne abbiamo prese.
Sì. “Abbiamo”. Ne abbiamo prese anche cinque contro uno.
È stato un week end così.
È stata una vacanza così.
Io ho perso una macchina fotografica. Samuele tre denti (“gli incisivi sono sopravvalutati”, lo rincuora Michele). Massimo accusa ancora le fitte al cuore dell’amore e allo stomaco dei fagioli. Passa la metà del volo chiuso in bagno. Sì, come nei film. Ma a fare altro. Andrea porterà sempre dentro di sé il ricordo indelebile di Nemo e del ponte del video dei Lost. Marco ha un ginocchio da rioperare e un futuro col bastone (“ha il suo fascino”, rincuora anche lui Michele).
Risiamo in stazione. A Milano. Ci aspettano quattro ore di treno.
La mamma di Massimo è già ad aspettarci in stazione.
A Livorno.
Ha portato qualcosa da mangiare.
Qualcosa …
Nemmeno il figliol prodigo della parabola …
Arriviamo allo scompartimento.
Ironia della sorte: nel nostro scompartimento è seduto proprio il signore ultradistinto della andata.
Il signore ultradistinto sta leggendo. Sente aprirsi la porta, sorride e alza la testa per salutare.
Ci riconosce. Il sorriso si tramuta in faccia sofferta. Il saluto si strozza in gola.
– No, ancora voi no! – dice